Forse rispetto agli altri articoli già pubblicati, questo potrà apparirvi distante. In realtà no, vi assicuro che leggendolo, capirete perché è in linea con l’obiettivo di questo blog.
Giovanni Paolo II è sempre stato presentato dai media come un rivoluzionario, un Papa che ha rotto gli schemi. Peccato che in realtà fosse estremamente conservatore nella dottrina della Chiesa.
La morte di Karol Wojtyla
Quello di cui voglio parlare in questo articolo inizia molti anni fa. Torniamo all’aprile 2005, quando morì Giovanni Paolo II. Il giorno del funerale del Papa ero a scuola: tutte le classi vennero raccolte in aula magna, mentre con un proiettore veniva trasmesso il funerale. Tutta la scuola era lì. Scuola che, per definizione, dovrebbe essere non confessionale.
Ricordo questa bara di legno e questo vangelo che veniva sfogliato dal vento. Ricordo la commozione mia e dei miei compagni di classe. Nei giorni intercorsi tra la morte e il funerale, il mio maestro di italiano fece un gran parlare di questa figura che aveva segnato la storia recente. Io, che all’epoca ero un piccolo fervente cattolico, ero affascinato da quest’uomo che mi appariva così anticonformista, così diverso dagli altri leader che vedevo in televisione.
Per darvi un po’ di contesto, vengo da un piccolo paese della provincia di Lecce. Caratteristica di questi paesi (oggi forse venuta un po’ meno) è la quasi totale commistione tra vita religiosa e vita civile. La vita del paese era strettamente legata a quella religiosa, ergo si era tutti cattolici, immersi in una vita che oltre al cattolicesimo non vedeva nulla.
Giovanni Paolo II e la Comunicazione
Oggi cattolico non lo sono più, sono terribilmente ateo, non credo nemmeno all’oroscopo. All’epoca, però, la religione per me era tutto, era proprio una passione, e questa figura del Papa mi aveva rapito. Ricordo che il mio vicino di casa mi aveva regalato i DVD del film su Karol Wojtyla che andò in onda su Rai 1. Allo stesso modo avevo guardato voracemente la fiction su Canale 5.
Ricordo che tutti i TG e i programmi televisivi sciorinavano record e storie fantastiche su questo Papa: quello che aveva fatto più viaggi, quello che aveva proclamato più santi, quello che aveva inventato la Giornata Mondiale della Gioventù. Passavano queste immagini di questa figura bianca, circondata da tante persone, in posti diversi del mondo, persone con abiti colorati, feste e acclamazioni.
Ricordo le immagini di lui alla finestra, che non riusciva più a parlare. L’ultima Via Crucis, in cui veniva ripreso di spalle, abbracciato alla croce: un moderno Cristo sofferente a favore di telecamera, pronto a generare compassione. Noi spettatori, moderne Maria e donne pie sul Calvario, a soffrire con lui.
Basta cercare su Google “Giovanni Paolo II comunicazione” per rendersi conto di quanto sia stato il Papa che ha utilizzato meglio i mezzi di comunicazione, complici anche gli anni del suo pontificato. In particolare, il suo corpo malato era uno strumento politico: rappresentava la Chiesa, il sacrificio, la dedizione alla missione del successore di Pietro, la sofferenza della Chiesa. Rappresentava un catalizzatore di attenzione che generava nelle masse un’istintiva empatia.
“Il Santo” podcast di Marco Grieco per OnePodcast
La mia fede è poi brutalmente morta e con essa la passione per questo figlio di Dio della Polonia. Rimaneva però una convinzione: che Giovanni Paolo II fosse stato un progressista e un rivoluzionario. Nulla di più sbagliato.
Ascoltando i miei podcast mattutini, ho sentito una pubblicità di un podcast chiamato “Il Santo”, scritto dal vaticanista Marco Grieco. Oggetto di questo lavoro editoriale é esattamente la storia di Giovanni Paolo II, in particolare le ombre del suo pontificato. Quelle ombre che, come dice il trailer del podcast, abbiamo messo sotto il tappeto quando abbiamo scelto di farlo santo. Perché, nella visione cattolica, è sconveniente imputare a un santo peccati, errori, tirannie e cose di cui è meglio non parlare.
Il podcast è estremamente interessante e scritto da dio (non poteva essere diversamente dato l’argomento). Nelle puntate ci sono svariate testimonianze di enorme interesse e rilevanza. Ma il punto fondamentale, per me, è uno: ho fatto i conti con il fatto che Giovanni Paolo II di progressista e rivoluzionario non aveva assolutamente nulla.
Non voglio ripercorrere punto per punto tutto quello che viene trattato, ma dall’autore e dalle testimonianze, il Papa viene descritto come un reazionario che limitava il dissenso nella curia. In funzione anticomunista, si arrivò a limitare la teologia che si stava diffondendo in Sudamerica. I teologi dovevano firmare una dichiarazione di obbedienza alle dottrine di Santa Romana Chiesa e del suo Pontefice. Per non parlare del silenzio per l’uccisione del Cardinale Romero, senza dimenticare le posizioni su aborto e omosessualità.
Argomento principe è ovviamente la questione degli abusi del clero sui minori, trattata come una questione morale e non giuridica, i silenzi sul caso di Boston e altri verificatisi durante il pontificato del Papa polacco. Quindi mi sorge spontanea una domanda: allora perché per me Giovanni Paolo II era un rivoluzionario?
I mass media e la costruzione della cultura di massa
Benedetto XVI non stava simpatico a nessuno. Tedesco, teologo, freddo e per nulla comunicativo. Dopo il Papa accogliente, sembrava fosse arrivato il tedesco granitico e conservatore, o almeno è questo il ricordo che ho io. E se vi dicessi che le politiche di Ratzinger erano esattamente quelle di Karol Wojtyla? Se vi dicessi che il Papa tedesco non ha fatto altro che seguire la strada tracciata dal predecessore? Sapere questa cosa mi ha molto sorpreso.
I media dell’epoca avevano costruito un’immagine di Giovanni Paolo II che piaceva alla gente, presentandolo come un rivoluzionario di Cristo, non approfondendo e tacendo tutto il resto. Perché il Papa polacco, per lo standing che aveva, si prestava perfettamente a questa comunicazione, e sotto di lui il Vaticano faceva ottimo uso dei mass media e del marketing politico.
Ratzinger si prestava molto poco al racconto di un Papa buono e accogliente. Se il “prodotto” che devi comunicare non si presta a una comunicazione calda, accogliente e a favore di popolo, il marketing e la comunicazione possono davvero poco. Ecco il punto: i media e il marketing possono farci percepire progressista un Papa che nella sostanza era un conservatore, a patto che la figura si presti a ciò.
Conclusioni
Come al solito, non volevo offrirvi un trattato esaustivo su come l’utilizzo dei media, della comunicazione e del marketing possano contribuire a costruire le immagini e le percezioni di una leadership. Volevo però accendere una lampadina. Davanti alla comunicazione è fondamentale porsi sempre con sguardo critico, non tutto è come appare.
Fare marketing e comunicare è il mio lavoro, eppure anche io cado nelle trappole dei media e dei marketers, che costruiscono ad hoc strategie per rovesciare realtà attentamente celate. Il marketing è uno strumento estremamente potente, talmente tanto da rendere progressista un conservatore.
[…] da un paese di poco più di tremila anime in Provincia di Lecce. Come avevo già affermato in un altro articolo, questi paesi sono caratterizzati da una totale commistione di vita religiosa e vita civile. La […]