Chat GPT: l’assenza di spirito critico e l’uso non consapevole

“Oddio, l’ennesimo articolo su Chat GPT” Sì, lo avete pensato leggendo il titolo. Scusate, ammetto di non aver resistito. Però vi prometto che se lo leggerete fino in fondo avrete qualche utile spunto di riflessione. Andiamo da Luca Bizzarri al Ministro Giuli fino a Martin Luther King.

Luca Bizzarri, il Ministro Giuli, il pensiero solare

Ascolto giornalmente 6-7 podcast in macchina mentre vado in ufficio. Tra i miei ascolti c’è il podcast di Luca Bizzarri (comico genovese) per Chora Media, che si chiama “Non hanno un amico”. Amo follemente Bizzarri, sono un suo fan da Camera Café, e scoprirlo nella veste di podcaster è stata la svolta.

Il podcast è bellissimo, scritto molto bene, comico, dissacrante e giornalmente spinge a delle riflessioni molto interessanti. La puntata di giovedì 24 ottobre aveva come titolo “Intelligenza Artificiale o ballista seriale?”, titolo che è tutto un programma.

La puntata, ovviamente, riguardava Chat GPT, di cui ormai tutti sentiamo parlare. Chat GPT è un software di OpenAI che mette a disposizione degli utenti l’intelligenza artificiale generativa. Per farla breve: un computer che genera cose su input molto semplici da parte degli utenti; in questo caso Chat GPT genera testi.

Il comico genovese chiede a questo software chiarimenti su un discorso del Ministro della Cultura Alessandro Giuli. Ministro che, da quando ha preso in carico la guida del Dicastero, ogni volta che può si lancia in discorsi pubblici che sono enormi supercazzole con scappellamento a destra. Torniamo a Bizzarri: lui chiede al software chiarimenti sul “pensiero solare” di cui parla Giuli. Da qui inizia il bello.

L’Intelligenza Artificiale non è intelligente

Chat GPT risponde all’interrogazione del comico attribuendo la paternità del “Pensiero Solare” a un filosofo. Luca Bizzarri si interroga e prosegue la sua ricerca su Google in merito a questo filosofo. Peccato che questo individuo non esista.

Chiede spiegazioni al software, che si giustifica dicendo che, sì, effettivamente non esiste, ma che doveva in qualche modo rispondere e quindi si era inventato una risposta. Sorge spontanea una domanda: quanti di quelli che usano l’AI generativa sanno che spesso dice cose non vere e inesatte? Temo pochi.

In ufficio ho la fortuna di lavorare con una collega che di AI ne capisce parecchio; la studiava quando ancora quasi non esisteva. Aveva necessità di lavorare a un suo intervento a un evento in cui avrebbe dovuto parlare di intelligenza artificiale, e in quanto Content Manager mi ha chiesto aiuto.

Il presupposto da cui le ho suggerito di partire è stato: di’ a tutti che l’intelligenza artificiale di intelligente non ha assolutamente nulla. Ma non perché questo sia un modo per accalappiare subito la platea: questa è una verità assoluta e incontrovertibile.

Alle superiori ho studiato un po’ di linguaggio di programmazione, ergo so come funzionano queste cose. Ne so il giusto per guardare con sguardo critico all’intelligenza artificiale. Questo non vuol dire demonizzarla, e lo dico da uno che la usa giornalmente per lavoro, ma vuol dire usare la tecnologia in maniera intelligente.

La mia collega, giustamente, diceva che Intelligenza Artificiale è un nome di marketing, prima era chiamata Machine Learning, ovvero “Apprendimento della Macchina”. Un nome veramente poco commerciale e poco appetibile per poter commercializzare una tecnologia.

L’AI è sviluppata dall’intelligenza umana

Non sono titolato per spiegarvi come funziona Chat GPT, tenete però presente che una macchina non ha spirito critico ma elabora dati. Elabora quello che le viene dato in pasto, cerca corrispondenze e pattern che si ripetono ma non ha pensiero laterale. Immaginatela come un bambino nei primi anni di età, una spugna che apprende e che si può plasmare. Ma tutto dipende da quanto siamo bravi a dare gli input, da quanto siamo bravi a creare un recinto all’interno del quale restituirci una risposta.

Qualora non bastasse l’esperienza di Bizzarri, vi riporto un altro caso molto interessante sull’intelligenza artificiale. Di solito dedico metà della mia pausa pranzo a leggere; recentemente ho letto “Viva la Retorica Sempre” di Flavia Trupia. Un libro illuminante, leggero, ironico, dissacrante e particolarmente arricchente che offre un sacco di spunti interessantissimi.

Flavia, in appendice, prima prova a far scrivere a Chat GPT il celebre “I Have a Dream” e poi gli dà in pasto il discorso di Martin Luther King e gli chiede di migliorarlo. Risultato? Chat GPT elimina la ripetizione della frase “I Have a Dream”, ovvero toglie quel passaggio che ha reso celebre e riconoscibile quel discorso.

Per l’AI quella ripetizione è un errore: assurdo, vero? Questo perché manca di vera creatività: non sa usare la retorica che aiuta a rendere i testi e i discorsi memorabili. Ho trovato l’idea dell’autrice geniale; non penso esista miglior esempio per spiegare il funzionamento di Chat GPT e software simili.

Chat GPT ammazza la creatività?

Quest’estate ho spiegato a una mia amica come usare questi software di intelligenza artificiale generativa, e lei mi ha posto una questione: “Io ho paura che tutto questo ammazzi la mia creatività”. Lì per lì non ho compreso tale paura.

Utilizzo giornalmente Chat GPT, per lavoro devo ideare svariati contenuti, devo scriverli, pensare a tanti testi diversi per utilizzi diversi. Spesso è sfiancante e quando sono stanco la mia creatività urla pietà. Ricorro quindi a Chat GPT.

Ho educato il software con vari testi scritti da me, informazioni, siti da consultare, file Excel e tutto quello che potevo dargli in pasto. Ho creato vari flussi di scambio in base alle esigenze: quello per articoli di blog di un’azienda, quello per un profilo personale, quello per i copy dell’advertising, quello per i copy in organico.

Se ho fretta e sono pigro uso direttamente Chat GPT, ammetto di non impegnarmi. Questo modo di fare è giusto? Sarà sbagliato? Che effetti avrà sulla mia creatività e sulla mia capacità di scrivere? Bella domanda.

Conclusioni

Una cosa però l’ho capita: non posso usare l’intelligenza artificiale se voglio essere originale, presentare dei ragionamenti complessi o se voglio presentare idee nuove ancora non utilizzate. Questo perché l’intelligenza artificiale attinge solo a quanto esiste già: non inventa.

Il tutto si riduce a una questione di economia: uso l’AI per risparmiare tempo su cose routinarie che non richiedono chissà quale sforzo, non la utilizzo se devo mettere in luce cose che solo l’intelligenza umana può fare. Torniamo sempre a un concetto a me caro: lo spirito critico. L’AI oggi non ha spirito critico, domani chissà.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *