Patriarcato, violenza sulle donne, immigrazione: come perdere il focus

In questi giorni, sui telegiornali e sui social media, tiene banco questa polemica partita dal Ministro dell’Istruzione Valditara e poi ripresa dalla Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni. Hanno entrambi affermato che l’immigrazione irregolare ha un’incidenza sui casi di violenza. Ma è così davvero? Andiamo per gradi.

Il patriarcato, una questione radicata

Non possiamo analizzare la questione se prima non facciamo un passo indietro verso quella che è la matrice culturale della violenza sulle donne. Il femminicidio di Giulia Cecchettin, nel novembre 2023, ha acceso un faro sul tema. Abbiamo assistito a una mobilitazione probabilmente senza precedenti in Italia a seguito di un femminicidio. In concomitanza con le manifestazioni in piazza, un tema particolarmente dibattuto era quello del patriarcato.

In questo articolo non voglio fornirvi una trattazione sociologica e completa del fenomeno, non sono titolato per farlo, ma voglio spingervi a notare come il patriarcato ci riguardi da vicino.

Se dovessi definire, secondo me, cos’è questo patriarcato, direi: è quell’idea radicata nella società per cui la donna è per sua natura inferiore e soggiogata al potere maschile, in una condizione di subalternità.

Semplifichiamo. Le donne, fino al secondo dopoguerra, non potevano votare. Sempre le donne non potevano essere magistrati. Il motivo? Si temeva che gli sbalzi ormonali creati dal ciclo mestruale potessero influenzare la lucidità della capacità decisionale della donna giudice. Allo stesso modo, le donne non potevano entrare nelle forze armate.

Pensate che queste conquiste delle donne siano recenti: stiamo parlando del secondo ‘900. Oggi forse alcune cose le diamo per scontate, ma fino a non molti anni fa non era per nulla così.

La donna è oggetto dell’uomo

Nel titolo di questo paragrafo ho utilizzato la parola “oggetto”; parola che, associata a “donna”, è qualcosa di raccapricciante. Fa male solo leggere questo accostamento. Eppure, è esattamente così. In Italia, il Matrimonio Riparatore è stato abolito solo nel 1981.

Immaginate una donna vittima di stupro, in un momento in cui lo stupro era un reato contro la morale pubblica e non contro la donna. Già qui fermiamoci un momento: a essere offesa era la morale pubblica, non la donna. Si nota subito come l’offesa ricevuta dalla donna non fosse rilevante.

Se lo stupro non vi sembra abbastanza, considerate che l’uomo stupratore, per vedersi cancellato questo reato, poteva sposare la sua vittima. Ecco, qui è chiaro cosa intendo per donna oggetto. Pensate che il primo caso di donna che si rifiutò pubblicamente di contrarre un matrimonio riparatore fu Franca Viola, nel 1947.

Ritengo servano poche parole a commento della questione.

La donna e il ruolo sociale

Ma la questione non riguarda solo il Matrimonio Riparatore. Il patriarcato è ancora più subdolo e opera giornalmente.

La questione ruota anche attorno alla concezione del ruolo della donna nella società. Fino a quanti anni fa la donna si vedeva riconosciuto il ruolo di “angelo del focolare”? La donna, in quanto tale, doveva essere dedita alla cura della casa e dei figli; l’uomo doveva andare a lavorare. Generando, quindi, una totale dipendenza economica della donna nei confronti dell’uomo.

Pensate che queste cose siano così lontane da noi? Allora perché in Italia ci sono così poche donne manager? Perché ci sono così poche donne in ruoli di potere? Perché la prima Presidente del Consiglio donna è arrivata solo qualche anno fa?

Il retropensiero è semplice: la donna deve stare a casa e nella società non può avere lo stesso spazio degli uomini. Ancora oggi, quando una donna afferma di non avere figli, si grida al sacrilegio: anche questo è patriarcato. Il tutto si riduce sempre all’idea che la donna può essere solo madre e moglie. Per cui, o fai un figlio o non sei donna, o fai un figlio o non stai facendo quello per cui sei nata.

Peccato che la distinzione dei ruoli tra uomo e donna non abbia nulla di biologico. L’uomo non ha nulla di biologico che lo renda più adatto al potere e al lavoro; la donna non ha nulla di biologico che la renda più adatta alla cura dei figli.

Ne deriva che la distinzione dei ruoli non è altro che di derivazione culturale. Il patriarcato è la nostra cultura.

Valditara, Meloni e l’immigrazione

Arriviamo alla questione con cui ho aperto questo articolo. Il Ministro dell’Istruzione Valditara, ospite della Fondazione Giulia Cecchettin, ha dichiarato che la violenza sulle donne è un fenomeno legato anche a forme di marginalità e devianza derivanti dall’immigrazione illegale. Concetto poi ripreso anche dalla Presidente del Consiglio dei Ministri.

A primo impatto, conoscendo quanto il tema immigrazione sia caro alla destra, soprattutto in tema di generazione di consenso, uno si chiede: saranno così poco avveduti da aver utilizzato anche questa occasione per racimolare voti? Il dubbio viene.

Quando si parla di fenomeni sociali, incidenza di variabili e tutto il resto, ci si deve basare sui numeri. I numeri, per quanto passibili di interpretazione, permettono di avere una visione chiara del fenomeno. Peccato che quanto affermato da Valditara e Meloni non trovi riscontro nei dati.

Nel 2023, uomini autori di femminicidio sono per il 73% italiani, nella maggior parte dei casi persone che hanno un legame affettivo-sentimentale con la donna uccisa. Per sottolineare la questione della donna oggetto: sei mia e io posso anche disporre della tua vita. Ma questo dato non è sufficiente.

Come riporta Francesco Cundari nella sua Newsletter Giornaliera, pare che, quando gli immigrati commettono un femminicidio, lo commettano in famiglia, su persone della loro stessa nazionalità. Questo a riprova che il problema non è il paese di origine delle persone, quanto l’idea che gli uomini hanno delle donne.

Conclusioni

Giorgia Meloni e il Ministro Valditara fanno propaganda su un tema molto delicato. Dimostrano una veramente scarsa attenzione a quelli che sono i momenti in cui la pesca a strascico dei voti dovrebbe interrompersi.

Ritengo particolarmente utile chiudere questo articolo con le parole di Elena Cecchettin, sorella della scomparsa Giulia: “Propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e per bene”.

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