Quando ho fatto l’esame di maturità, avevo portato una tesina dal titolo “Cultura: l’unica droga che crea indipendenza”. In storia scelsi un argomento molto interessante, ovvero “il controllo della cultura nei regimi totalitari del ‘900”. Già allora io, la politica e la comunicazione ci volevamo molto bene.
Se guardiamo a Nazismo e Fascismo, entrambi questi regimi avevano un ministero ad hoc che si occupava di controllare la cultura e i mezzi di comunicazione. Ma come mai? Beh, la risposta è semplice: la politica è comunicazione.
Il controllo dei media e il controllo delle masse
Come al solito, suppongo possa sembrare che io la stia prendendo molto alla larga. In realtà, siamo di fronte a temi molto attuali. Il Nazismo aveva il Ministero della Propaganda, mentre il Fascismo aveva il Ministero della Cultura Popolare (abbreviato in Minculpop). La funzione di questi ministeri era quella di controllare l’informazione e la cultura.
I motivi sono presto detti, ma voglio spiegarlo con un esempio: conoscerete sicuramente la frase “quando c’era Lui i treni arrivavano in orario”. Pare che non fosse per nulla così. Sembra che questa credenza fosse diffusa dagli organi di propaganda del regime. Lo scopo era certo quello di far apparire la macchina statale e i suoi servizi come efficienti e funzionanti.
Tutto questo ha funzionato talmente bene che, a distanza di 80 anni dalla fine del Fascismo, c’è chi ci crede ancora. Ad un regime, come a qualunque governo, non basta fare le cose: le deve comunicare, deve arrivare ai cittadini, ma soprattutto a questi cittadini deve arrivare l’informazione che il potere stesso vuole che arrivi.
Il Fascismo, come ogni regime totalitario, era caratterizzato dal pensiero unico: non esistevano partiti di opposizione, non potevano esistere voci che dissentivano, non esistevano organi di stampa, giornali o radio che non fossero sotto il controllo del regime stesso. Ciò che non è controllato dallo stato totalitario può diffondere e far arrivare un messaggio che al regime non è gradito. La soluzione, quindi, è che non ci siano voci che permettano al popolo di crearsi un’idea diversa da quella che il regime ha eletto come unica e propria.
Il Giappone e la Corea del Nord
Sulla storia del Giappone sono sempre stato molto ignorante, per cui, quando durante l’esame di Storia Economica la professoressa ci raccontò la storia di questo paese, rimasi molto sorpreso. Per farla breve, il Giappone viveva in quello che veniva chiamato “splendido isolamento”, ovvero non aveva nessun tipo di rapporto con l’esterno. Solo una nave, una volta l’anno, poteva portare qualcosa da fuori.
Ricordo che la professoressa sottolineò che a essere più insofferenti a questa situazione erano gli intellettuali, in quanto curiosi e assetati di informazioni esterne. Questo isolamento permetteva alla cultura giapponese di rimanere intatta e non perturbata da influenze esterne. L’assenza di comunicazioni era un modo per non perturbare.
In Asia, abbiamo la Corea del Nord, dove vige un regime dittatoriale: per preservare il regime, anche in questo caso, non è possibile che i cittadini abbiano contatti con l’esterno. Cosa significherebbero i contatti con l’esterno? I cittadini scoprirebbero un modo diverso di vivere, un modello culturale differente, un modo di vivere che è altro rispetto a quello in cui sono obbligati.
Fa ridere, ma fa anche riflettere, la notizia che i soldati nordcoreani mandati al fronte con i russi, scoperto il porno online, pare ne abbiano ampiamente abusato. Questo dà la contezza dell’isolamento in cui vivono le persone sotto regimi dittatoriali. Più si ha il controllo dell’informazione e della cultura, più si limitano i contatti con visioni alternative, più i regimi prosperano e resistono.
La Russia, Trump, Giorgia Meloni e le elezioni in Romania
Ormai è un dato di fatto che la Russia usi i social media per diffondere fake news in paesi in cui vuole influenzare i risultati delle elezioni. Questa influenza è, ovviamente, a favore di partiti filorussi, che una volta al potere sarebbero più favorevoli e clementi nei rapporti con l’ex Unione Sovietica.
Questo è successo durante la prima campagna elettorale che vide vincere Trump contro Hillary Clinton, è successo in Romania durante le ultime elezioni, e pare sia successo anche in Georgia. In Romania, a vincere è stato il candidato filorusso Călin Georgescu, che nei sondaggi veniva dato per perdente.
La Corte Costituzionale Rumena ha annullato il risultato delle elezioni, perché dai servizi segreti del paese ha ricevuto un dossier che certifica le ingerenze della Russia nella campagna elettorale. Non voglio commentare la decisione della corte, ma questo ci dà contezza di quanto, ancora oggi, il controllo dell’informazione (e quindi della cultura) sia importante e di quanto questo giochi un ruolo di primo piano nel prendere (e mantenere) il potere.
Giorgia Meloni pare sia la Presidente del Consiglio che abbia fatto meno conferenze stampa nella storia repubblicana. Onestamente, questo non mi sorprende. A proposito di mantenere il potere: fare una conferenza stampa implica un botta e risposta, implica che le affermazioni del capo di governo vengano messe in discussione da una stampa libera e non asservita al potere. Limitare le interazioni con i giornalisti vuol dire limitare il contraddittorio, vuol dire evitare che la versione del potere possa essere smentita.
Giorgia Meloni preferisce usare i suoi canali social: pubblica dei video che sono sostanzialmente dei monologhi, video in cui il potente di turno parla direttamente all’utente-cittadino, che ascolta un’informazione e un racconto senza intermediazione, senza commento e quindi senza contraddittorio.
Conclusioni
Tutti gli esempi che abbiamo visto dimostrano quanto non esista politica e potere senza informazione e controllo della cultura. Questo perché il cittadino deve essere “presidiato” con la comunicazione; le masse devono essere influenzate e guidate a proprio favore.
C’è una questione che mi è molto cara: la politica, l’economia e le decisioni del legislatore sono cose molto complesse. Come fa l’elettore ad avere sempre un’opinione chiara su tutto? Semplice, non può avercela, ma il potere può illuderlo che la abbia.
Michele Serra, nella sua newsletter “Ok Boomer!”, un po’ di tempo fa scriveva: “Se, come credo sia, la realtà è complicata, la semplificazione è già di per sé una contraffazione”. Ecco, la comunicazione politica è pura semplificazione-contraffazione. Possiamo mai noi semplici cittadini capirci qualcosa di nucleare? Eppure abbiamo votato a un referendum per dire no a questo tipo di energia. Questo discorso è estendibile a tantissime materie complesse su cui il cittadino si esprime, convinto di sapere ciò che, in realtà, non sa.
C’è una soluzione? Forse no. Però esistono dei palliativi: informiamoci, facciamoci venire dubbi, mettiamo in discussione il potere, mettiamo in discussione cosa ci dice il potere, cosa ci dicono i giornalisti. Cerchiamo di essere non troppo massa.