Inizialmente avevo buttato giù una bozza di articolo sul Caso Al-Masri, che sta scuotendo la politica italiana. Volevo analizzare dal punto di vista comunicativo, il video con cui Giorgia Meloni annunciava di aver ricevuto un avviso di garanzia. Qualcosa però non mi convinceva di quella bozza, l’ho capito una settimana dopo: la questione è molto più ampia e riguarda tutti noi.
Avete mai sentito parlare di Post-Verità? Oggi più che mai, la verità sembra non contare nulla. Non contano i dati, non contano le evidenze scientifiche, non conta più nulla: a essere rilevanti sono solo le opinioni della massa e le menzogne raccontate da chi è al potere e da chi controlla i mezzi di comunicazione.
Cos’è la Post-Verità
Prendo in prestito la definizione riportata da Treccani. Recita così: la post-verità è quella “argomentazione, caratterizzata da un forte appello all’emotività, che basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati tende a essere accettata come veritiera, influenzando l’opinione pubblica”. Qui abbiamo già alcuni elementi interessanti: credenze ed emotività.
L’espressione post-verità, come riporta in un articolo del 2016 l’Accademia della Crusca, è esploso nella nostra lingua a seguito della Brexit e dalle prime elezioni americane vinte da Trump. In quell’anno Oxford Dictionaries, elegge “post-verità” come parola dell’anno.
Per farla semplice, cosa abbiamo di fronte? Credenze, notizie, opinioni e quanto connesso, che si diffondono come vere pur non essendole, pur non essendo suffragate da fatti o dati. Di questo ne fanno un uso strumentale i politici: perché questa parola è diventa così famosa dopo Brexit e la prima vittoria di Trump? Il motivo è da ricercarsi nel fatto che, in entrambe queste campagne elettorali, le argomentazioni utilizzate dai politici per influenzare il voto, non erano del tutto vere.
Trump in America aveva contestato la veridicità del certificato di nascita del primo presidente nero degli Stati Uniti, sostenendo che quest’ultimo non fosse nato in America. Ovviamente l’obiettivo era quello di delegittimare Obama, considerando che non si può essere presidenti USA se non si è nati su suolo americano. Il punto è che non esistono prove di quanto sostenuto da Trump. Peccato che i suoi elettori, pur senza prove, credono al magnate americano.
Alcuni esempi recenti di Post-Verità
Già in un recente articolo abbiamo parlato dell’attacco di Elon Musk verso Keir Starmer, Primo Ministro inglese. Musk accusa il premier inglese di essere stato in qualche modo “complice” di stupri di massa, commessi per lo più da persone di origine pakistana. Questo perché Starmer, prima di entrare in politica, è stato procuratore capo della Gran Bretagna.
Peccato che non esistono prove del fatto che Starmer non abbia in qualche modo perseguito i responsabili. Anzi, è stato anche elogiato in un rapporto parlamentare del 2013, anno in cui la maggioranza era di colore opposto a quello del Primo Ministro Laburista. Però l’opinione pubblica è portata a credere a Musk: la notizia ha un grosso carico emotivo, si parla di stupri, di immigrazione e di potere. Facilissimo indignarsi.
Prendiamo qualcosa di più recente. Il 29 Gennaio a Washington, si è verificato il peggior disastro aereo negli Usa dal 2001: si parla di 67 morti. Il neo eletto presidente Trump ha affermato che, le responsabilità del disastro aereo, sono attribuibili alle politiche di diversità e inclusione dell’ex Presidente Joe Biden. Ha affermato «La Federal Aviation Administration sta attivamente assumendo lavoratori che soffrono di gravi disabilità intellettuali, problemi psichiatrici e altre condizioni mentali e fisiche nell’ambito di un’iniziativa di assunzioni per la diversità e l’inclusione», come riporta il Corriere della Sera.
Questa affermazione, ovviamente non è corroborata dai fatti, non ci sono prove che lo dimostrino. Anzi, le evidenze vanno in direzione contraria, dato che per accedere a determinate mansioni è necessario superare parecchi test di idoneità che dimostrino di essere in grado di svolgere compiti alquanto delicati.
Orientare il consenso con delle bugie
Diffondere notizie false e crearsi uno stuolo di persone che ci credono ha un fine politico. Questo crea consenso, orienta il voto e quindi crea e consolida posizioni di potere. Torniamo in Italia. All’inizio di questo articolo abbiamo parlato del caso El Masry. Giorgia Meloni, in un video sui social, ha annunciato di aver ricevuto un avviso di garanzia. Peccato che si trattasse di un altra cosa. Infatti, l’Associazione Nazionale Magistrati precisa
“La procura di Roma non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto dall’art. 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89. La disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati”.
Parliamo quindi di fatti, non opinioni. Allo stesso modo, Meloni ha affermato che l’Avvocato Li Gotti, che ha presentato l’esposto sul caso Al-Masri alla Procura di Roma, sia vicino a Romano Prodi e alla sinistra. Anche in questo caso non é vero. Addirittura Li Gotti nasce nelle fila politiche dell’MSI prima, e di Alleanza Nazionale poi. Ovvero lo stesso schieramento politico della Premier Meloni.
Ma perché raccontare queste menzogne? Beh, per creare un nemico verso cui orientare l’elettorato, per mostrarsi come vittima sacrificale, per ergersi a martire sotto attacco dei poteri forti, per vendersi come oggetto di complotti. Tutte azioni che puntano a creare consenso, peccato venga fatto tramite delle plateali bugie. Peccato che l’elettorato non verifichi e ci creda. Si chiama Marketing Politico.
Conclusioni
Come al solito, non volevo offrire una trattazione esaustiva e completa, volevo accendere alcune lampadine e favorire le riflessioni. A me la post-verità spaventa e anche tanto. A contare dovrebbero essere i fatti, le evidenze scientifiche, i dati, invece a contare sono le opinioni, le bugie montate ad arte e potenziate tramite la comunicazione.
Le cose, anche se false, si diffondono, passano di bocca in bocca, da smartphone a smartphone. Si diffondono talmente tanto da diventare vere. Menzogne che diventano verità. Peccato che questo sia pericolosissimo per la nostra società, peccato che spesso porti a mettere in dubbio le stesse istituzioni democratiche.