Un articolo de Il Sole 24 ore, riporta “L’Italia è ultima in Europa per il livello di benessere mentale. Un’indagine su oltre 30.000 persone tra i 18 e i 74 anni in 16 diversi paesi mostra che è lo stress il disturbo mentale più diffuso a livello globale: da noi è avvertito dal 56% del campione, ma cresce la propensione a prendersene cura”. La crescita alla propensione è testimoniata anche dal numero di domande ricevute dal Governo per il Bonus Psicologo.
Sempre citanto Il Sole 24 Ore, i dati parlano da soli “Nel 2022, anno di esordio del contributo alle sedute di psicoterapia, sono arrivate 395mila domande e ne sono state accolte poco più di 41mila, il 10,5 per cento. Ancor peggio è andata nel 2024, quando è stato finalmente possibile utilizzare, anche se in parte, i fondi 2023. L’anno scorso i cittadini hanno inviato 400.505 richieste ma solo 3.325 hanno ottenuto il contributo, lo 0,8% del totale”. Nonostante ciò, parlando con le persone, sembrano persistere una serie di pregiudizi nei confronti della salute mentale nei confronti dei professionisti come psicologi e psicoterapeuti.
Il parere di un’esperta operante nel settore
Sono diffusissimi miti e false credenze sulla salute mentale, li abbiamo sentiti un po’ tutti. Questi falsi miti non hanno nessun fondamento scientifico e possono essere molto pericolosi: possono rendere le persone restie ad approcciarsi alla psicoterapia o in generale alle questioni inerenti la salute mentale. Inoltre, questi miti rischiano di aumentare lo stigma sociale verso chi vorrebbe intraprendere un percorso di miglioramento della salute mentale, ma teme il giudizio.
Ritengo sia importantissimo sfatare questi miti, in modo da permettere alle persone di approcciarsi con più serenità alla questione. Ho scelto di interrogare un’esperta: la Dott.ssa Mariangela Paldino. Psicoterapeuta in formazione con approccio Gestalt, si laurea con Lode all’Università di Pisa in Psicologia Clinica e della Salute; è inoltre tutor dell’apprendimento DSA. Le ho quindi chiedo di rispondermi ad alcune domande per stafare alcune credenze sulla salute mentale. Iniziamo dalla prima.
1. Dallo Psicologo ci vanno i pazzi
Dottoressa, questa credo sia la cosa che sentiamo più spesso. Oltre alla pericolosità intrinseca dell’affermazione, lei cosa ne pensa? Possiamo davvero solo distinguere tra pazzi e non pazzi?
Il discorso è molto complesso e, nell’epoca così frenetica in cui siamo, ci piace molto la semplicità, le categorie, le etichette. Non c’è nulla da condannare in ciò, il nostro cervello funziona in questo modo. Ma il rischio molto spesso legato a questa affermazione è che ci siano persone molto più bisognose di altre di “andare dallo psicologo” e che chi ci va sia una persona che da solo non riesce a cavarsela. Il rischio delle etichette, inoltre, è quello di perdere di vista la persona inserendola in una semplificazione che non rende giustizia alla complessità umana, perché c’è sempre molto altro da scoprire.
Cos’è la pazzia? Cos’è la normalità? Si potrebbe dire molto su questo. Può il dolore farci fare cose folli? Può l’amore farci fare cose che non ci aspettavamo da noi stessi? Non abbiamo fatto tutti qualcosa oltre l’ordinario, presi dalle nostre emozioni? E quindi è un confine labile quello tra patologia e normalità, un confine che si può valutare solo in un contesto clinico. Di sicuro le parole hanno la loro forza e il loro peso, di cui bisognerebbe ricordarsi. Rivolgersi a un professionista della salute mentale non vuol dire essere matti, ma avere il coraggio di impegnarsi per il proprio benessere e di prendersi cura di se stessi.
2. Se ho un problema, ne parlo con un amico
Davanti a problemi che richiedono l’intervento di un professionista, tendiamo a minimizzare. Davanti al consiglio di rivolgersi ad un professionista, la risposta canonica è “se ho un problema ne parlo con un amico”. Perché siamo di fronte a una convinzione sbagliata?
Se ho una gamba rotta vado da un amico? Mi sa di no. Si tende a non considerare il nostro cervello come un organo e una parte di noi di cui prendersi cura. Forse perché spesso le nostre emozioni non sono niente di tangibile e, spesso, quel che non si può toccare sembra quasi che non esista. Eppure le emozioni sono parte integrante della nostra vita e ci muovono, come dei burattinai. La tendenza a minimizzare il dolore dice sicuramente qualcosa di noi e di come stiamo nella sofferenza. Il problema non è mai solo e sempre semplicemente un problema, dietro si celano bisogni, intenzioni, aspettative e tanto altro. È solo la punta dell’iceberg.
A volte sono proprio questi problemi che ci creano una sofferenza e che diventano la gabbia in cui ci sentiamo imprigionati. Ciò che crea sofferenza è la narrazione di noi stessi che ci imponiamo (es. Non posso farcela, non posso cambiare lavoro). Un amico è una figura essenziale nella vita di tutti noi, che ci supporta e sostiene. Ma a volte serve anche avere uno sguardo diverso su qualcosa, uno sguardo che guardi oltre la siepe e veda che cosa si nasconde. Il lavoro che si può fare con un professionista della salute mentale è un lavoro più profondo, molto diverso dall’aprirsi con un amico, proprio perché ha strumenti diversi. La psicoterapia migliora la qualità della vita.
3. Ce la faccio da solo, non sono un debole
Chiedere aiuto, è socialmente, associato alla debolezza. Questo è un po’ un retaggio di una società che ci vuole performanti e infallibili. Perché chiedere aiuto, in particolare a uno specialista della salute mentale, non vuol dire essere un debole?
Oltre alle caratteristiche individuali, mi sembra che la società abbia un ruolo importante nell’imporci cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. È il problema dell’ideologia e della narrazione che abbiamo di noi stessi. In una società in cui sembra regnare la perfezione, una sbavatura è qualcosa di cui vergognarsi e da condannare. Prendere contatto con la nostra e altrui fragilità è una delle cose che ci rende umani.
A che prezzo si portano i pesi da soli ostinandosi a farcela da soli? Quanta sofferenza si eviterebbe se avessimo un maggiore contatto con questa fragilità? Se avessimo un peso da trasportare sarebbe più facile portarlo da soli o in due? Per me riconoscere i propri limiti e chiedere aiuto è un gesto di forza. La forza di chi sceglie di non sopravvivere, ma di vivere e iniziare a prendersi cura di lui e migliorare la propria vita.
4. Lo psicologo mi manipolerebbe facendomi fare cosa non voglio
Temo che questa credenza sia legata a una non conoscenza della figura dello psicologo (e dello psicoterapeuta), a volte ho addirittura sentito cose come “chissà cosa hai raccontato alla psicoterapeuta, dato che ti ha convinto a lasciarti”. Cosa vuol dire intraprendere un percorso di psicoterapia? C’è davvero manipolazione?
Per me il percorso di psicoterapia è un viaggio interiore, una scoperta di un paese sconosciuto: ci si avventura e non si sa che cosa succederà. Il terapeuta non è altro che la nostra guida. È molto importante considerare che lo psicologo non ha risposte, ma solo domande da fare: di base non sa cosa sia meglio per noi. Siamo sempre noi a decidere. Da codice deontologico, che lo psicologo è tenuto a rispettare, non è possibile dare consigli alle persone, né tantomeno manipolare qualcuno.
Non è una figura che scegli al posto nostro, ma che anzi ci sprona a prendere il coraggio di fare delle scelte. A volte, prendere delle decisioni è una strada molto tortuosa, che può generare sofferenza. Le conseguenze delle nostre azioni non sono semplici da gestire. Lo psicologo è lì per supportare e favorire il proprio ascolto, aiutando con strumenti specifici. Non costruisce la strada per noi, ma ci segue e illumina il nostro percorso.
5. Psicologo, Psicoterapueta e Psichiata fanno tutti la stessa cosa
Strettamente legato al mito precedente è questo: siamo di fronte a una gran confusione di quelli che sono i ruoli dei professionisti della salute mentale. Ce li potrebbe spiegare.
Mi stupisce sempre molto i pregiudizi che ci siano dietro le figure della salute mentale. Molti sono stati abbattuti, altri devono essere ancora abbattuti. Mi piacerebbe precisare che non siamo oracoli, non abbiamo risposte da dare, non sappiamo vivere meglio degli altri. Siamo esseri umani come tutti.
Lo psicologo è un professionista che si occupa di sostegno, supporto, prevenzione e, in alcuni ambiti, anche riabilitazione. A seconda della sua formazione e del contesto in cui lavora, può avere ruoli diversi. Quando il bisogno è quello di affrontare disturbi come l’ansia, la depressione o si desidera fare un lavoro più profondo su di sé, allora serve uno psicoterapeuta, ovvero uno psicologo che ha proseguito la propria formazione in una scuola di specializzazione in psicoterapia.
La psicoterapia è, in un certo senso, una “cura dell’anima”. Esistono molti approcci terapeutici, ma ciò che davvero ha un impatto curativo è la relazione tra terapeuta e paziente. Trovo affascinante il potere che la relazione ha sul nostro cervello: è un organo come tutti gli altri e, come tale, può ammalarsi. In alcuni casi, può essere necessario un supporto ulteriore: quello dello psichiatra. Lo psichiatra è un medico, a volte anche psicoterapeuta, ed è l’unico tra queste figure autorizzato a prescrivere farmaci.
I farmaci possono essere un valido alleato, soprattutto quando la sofferenza o l’ansia sono così intense da impedire il lavoro terapeutico. In quel caso, il farmaco non è una soluzione definitiva, ma può creare lo spazio necessario per iniziare a curarsi. Non va demonizzato né visto come una panacea: ha senso all’interno di un progetto di benessere più ampio.
La ricerca scientifica lo conferma: nei casi in cui è necessario, l’approccio combinato tra farmaci e psicoterapia è quello che dà i risultati migliori.
Conclusioni
In un mondo in cui i problemi legati alla salute mentale sono in aumento, non possiamo prescindere da una conoscenza di base di quelle che sono le figure che ci possono aiutare, ma soprattutto di come queste figure possono farlo. Per questo ritenevo veramente importante questo articolo, e non posso che ringraziare la Dott.ssa Mariangela Paldino per le preziosissime risposte.